Parole assemblea liturgica

Sabato 30 c’è stata l’assemblea sulla liturgia con una buona partecipazione. Fin dai primi momenti si è sentita una grande attenzione, la voglia di partecipare.

L’incontro è iniziato consegnando una parola per descrivere il modo di partecipare alla liturgia; ecco le parole usate:

Nuvola di parole

Dopo di che abbiamo ascoltato tre racconti:

  1. l’esperienza di Loretta in cui è stato sottolineato soprattutto l’aspetto dello spazio;
  2. l’esperienza di Federica al funerale di sua mamma, sensibile ai vari gesti, a come il corpo venga coinvolto e aiuti la preghiera;
  3. il vissuto di Francesca, sensibile al come viene celebrata la Parola, e di conseguenza alle parole della liturgia, a come siano ponte fra la Parola di Dio e la vita.

I racconti hanno introdotto un momento di lavoro personale: ciascuno è stato invitato a scrivere quali sono i cambiamenti che ha notato di più (positivi o negativi), cosa sente di aver trovato e cosa sente di aver perso, quali paure o perplessità sono emerse.

Dopo il lavoro personale, abbiamo avuto un tempo per condividere quanto scritto; il clima è stato molto positivo, in cui ci si è potuti esprimere liberamente. Raccogliere elementi critici, così come alcune paure, è stato molto prezioso; soprattutto è stato un segno bello, perché dice di una comunità in cui si può parlare, ci si può esprimere nella differenza, non si è costretti al mono-pensiero.

Proponiamo una piccola sintesi di quanto emerso. Non riportiamo tutti gli interventi, ma gli interventi più ripetuti – e quindi maggiormente condivisi.

Diversi hanno descritto come viene vissuta oggi la liturgia. Più interventi raccontano di “più intima e allo stesso tempo più comunitaria”, “ritrovando l’interesse per la Parola”, con “parole vere e intense” dove “si percepisce l’amore”; c’è “più vita”, “più gioia e serenità”, “più coinvolgimento e aderenza alla vita”. “La Messa viene proprio preparata per noi, meditata, cucita per noi”, con “parole vere e intense”; “è stato un tornare a vivere questo momento che era diventato un obbligo, un dovere”.

Sono state evidenziate alcune parti della Messa come più significative: l’introduzione che compie una prima accoglienza e predispone all’ascolto della presenza e della Parola di Dio per noi, qui, oggi; l’omelia che è “più vicina ai giorni nostri” e “ai nostri problemi”, con domande che toccano la vita concreta; le preghiere dei fedeli che raccolgono “i drammi del nostro tempo, ma anche le ricorrenze più banali”; le varie orazioni e preghiere che sono comprensibili, sensate, “aiutano a non subire solo parole sempre uguali”. E’ stata colta come positiva la “non staticità durante la Messa” attraverso alcuni movimenti diversi lungo l’anno.

Altre restituzioni hanno riguardato i luoghi. Il fonte battesimale è il luogo più notato e apprezzato: “più visibile e più fruibile per la famiglia intera”, che “permette la partecipazione di tutta l’assemblea”. Lo spostamento della sede e dell’ambone è stato percepito come un simbolo della vicinanza dei preti più che come cambiamento in sé. Al contempo, è stato percepito “l’altare troppo spoglio”, “libero e vuoto”, così come “togliere i fiori davanti al tabernacolo”: per alcuni il nuovo assetto è gradevole, per altri è stata una perdita di importanza e di solennità.

Anche i gesti hanno la loro importanza. “Fanno sentire più vicini, più coinvolti nella liturgia”, comunicano “attenzione alle persone e a quello che cercano”. Alcuni gesti citati sono quelli speciali legati alle liturgie funebri, ma altri più ordinari come quelli della Messa; anche l’uscita del presbitero sul sagrato è un segno di quel che si vive dentro.

Tutto questo ha fatto emergere un sentimento diffuso di accoglienza e di comunità. Ci si “sente parte di una famiglia”, “più sorella coi miei fratelli”, si percepisce “più accoglienza, più calore, meno freddezza e distacco”, frutto anche “del saluto e del sorriso dei fratelli”; questo favorisce “l’attenzione” e “la partecipazione” a questo che è diventato “un appuntamento lieto” e “atteso”. “Insieme alla sensazione di comunità, non si vorrebbe perdere la forza di una liturgia «alta», più trascendente”.

Vivere diversamente la liturgia tocca inevitabilmente anche il modo di vivere la fede. Alcuni biglietti hanno descritto in modo molto forte un cambiamento proprio a livello di fede: “ho smesso di temere”; “ho perso la noia e la stanchezza che mi stava allontanando dalla Chiesa”; “un superamento degli schemi di giudizio su se stessi, Dio, gli altri, le situazioni”; “sento di aver perso un grosso macigno e di aver trovato ascolto, accoglienza, dolcezza, ma anche una sana autorevolezza”. La maggiore consapevolezza dei gesti, delle parole, dell’attenzione alle situazioni e alle persone può creare “una profonda crisi di fede”, nel senso che ci fa percepire una “chiamata [e quindi più responsabilizzata] a sperimentare una fede più profonda, quindi più viva”, per trovare “speranza e fiducia nel futuro, in se stessi” e in Dio.

Ci sono stati diverse preoccupazioni di cui faremo tesoro, come il vuoto dell’altare, le persone in carrozzina che rimangono a lato. Riguardo alle paure è stato simpatico aver letto due fronti della comunità: chi è entusiasta dei cambiamenti e non vede l’ora di consolidare per farne altri, e chi invece è spaventato e intimorito dalla possibilità che avvengano altri cambiamenti (“ma voi, don Marco e don Federico, dove volete portarci?”). L’obiettivo di questo incontro era quello di poter condividere come stiamo vivendo ora la nostra liturgia, raccogliere le diverse sensibilità affinché sia più nostra (inteso come di tutti). La comunità è composta di tante persone con sensibilità molto diverse; dobbiamo accettare che alcuni si sentano spinti ad accelerare il passo quando avrebbero voluto stare fermi, così come altri debbano rallentare il passo per poter aspettare quelli più lenti.

immagine del poliedro

Ricordiamo la chiusura dell’intervento, sintetizzata dall’immagine del poliedro. La Presenza di Cristo nella liturgia non è univoca, ma sfaccettata: in Sacrosanctum Concilium 7 ci è stato detto esplicitamente che Cristo non è presente solo nelle “specie eucaristiche”, ma anche nella “persona del ministro”, nei vari “sacramenti”, nella “parola proclamata”, nella “comunità che prega e loda”.
Se riduciamo la presenza di Cristo a una sola di queste dimensioni rischieremmo di perdere la ricchezza, la bellezza e la profondità della liturgia perché Cristo non è presente solo in un punto, ma si manifesta alla nostra vita attraverso il complicato intreccio di tante facce dell’unico poliedro. Proviamo a sintonizzarci sempre di più su un agire comune, chissà che in questo modo si possa toccare meglio la verità della promessa di Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro».

Coppie di parole più usate

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