Dal 29 luglio al 6 agosto il clan di Maranello è stato in route in Bosnia, sulle orme del conflitto civile che ha stravolto quelle terre dal ’92 al ‘96.

Domenica 12, alle ore 17, nel salone S.Francesco, i ragazzi racconteranno dal vivo la loro esperienza.

Dei 18 ragazzi che hanno vissuto questa esperienza abbiamo chiesto a Francesco un report su quanto visto.


Bosnia: che cosa ne sappiamo?

La Bosnia Erzegovina, un paese situato nell’Europa sud-orientale, è un luogo intriso di una complessa mescolanza di culture e tradizioni, dove la storia ha scolpito profonde cicatrici nell’animo nazionale. La sua capitale, Sarajevo, è una città con un passato ricco e una bellezza indelebile, ma è stata anche il palcoscenico di orrori inimmaginabili.

È risaputo, oramai, ovunque sul pianeta di questi stessi avvenimenti, eppure le reali azioni compiute durante questo periodo, ieri come oggi, sono state lasciate nascoste alla vista sia delle nazioni estere, sia degli abitanti stessi di questo paese. Ciò avvenne attraverso un livello considerevole di disinformazione e numerosissime notizie false propinate ai cittadini dallo stesso Governo Bosniaco-Erzegovese.

Nel cuore di Sarajevo, l’assedio che durò oltre tre anni (il più lungo nella storia contemporanea) è stato un vero e proprio incubo: la città, una volta splendente e vibrante, divenne dal 1992 al 1996 un campo di battaglia nel quale ad ogni passo messo fuori dalla propria abitazione, il rischio di ricevere un colpo di un cecchino situato sulle montagne circostanti aveva il predominio su qualsiasi pensiero, addirittura sulla fame cui la gente era ormai abituata. La popolazione di Sarajevo ha infatti vissuto nel terrore di essere colpita da un proiettile o che la propria casa potesse essere distrutta da un colpo di una macchina antiaerea; oltre a ciò, cibo ed acqua erano in continua carenza e gli aiuti umanitari provenienti da paesi vicini, come anche l’Italia, erano completamente inutili a causa del disinteresse delle aziende nel dare alimenti ormai scaduti da anni e dalla poca quantità degli stessi che effettivamente arrivava a destinazione. Nonostante queste difficoltà, la popolazione riuscì a superare le avversità tramite numerose attività come la creazione di orti per la coltivazione di verdure nei parchi comunali, la proposta di iniziative culturali come spettacoli di teatro o lezioni di danza, il continuo delle lezioni per le scuole, la proiezioni di film nei cinema della città e, soprattutto, grazie all’appoggio ed il sostegno di chiunque in caso di bisogno.

L’assedio di Sarajevo è dunque diventato un simbolo di resistenza e resilienza in un momento di oscurità, ma ha anche mostrato le sfide strazianti di un paese in cui tensioni politiche ed economiche hanno avuto la meglio sul benessere dei cittadini dell’intera Nazione.

Durante lo svolgimento di questa guerra atroce, le sofferenze della popolazione raggiunsero vette strazianti. Questo avvenne attraverso la creazione di campi di concentramento, ove i Bosniaci venivano sterminati; ma, in special modo, in ciò che ad oggi è noto come “Massacro di Srebrenica”, avvenuto nel luglio 1995 e rimasto impresso nella memoria collettiva come un atto di barbarie inenarrabile, un vero e proprio genocidio. Uomini e ragazzi Bosgnacchi (Bosniaco Musulmani) furono brutalmente uccisi dai soldati che non rifiutavano di eseguire indicibili atti nei confronti delle loro vittime. Uccisioni di massa compiute dalle forze serbo-bosniache all’interno della cosiddetta “area protetta” dalle Nazioni Unite per sterminare completamente l’intera popolazione di una città nel giro di una settimana: ecco ciò che questo genocidio è realmente stato. Il fatto più terrificante è però la consapevolezza che i fautori di siffatte azioni sono ad oggi protetti dalla  Republika Srpska, una delle due parti del Governo che gestiscono la Bosnia Erzegovina. Nonostante ciò, è stato però possibile edificare un Memoriale dedicato a tutte le vittime di questo massacro ad una decina di minuti dalla loro città di origine, ad oggi aperto a tutti e visitabile per rendere omaggio ai defunti.

Nel cuore della Bosnia ed Erzegovina, tra le tracce indelebili della sua storia tumultuosa, c’è un luogo che sottolinea la complessità del passato del paese. Il bunker di Tito, situato nei pressi di Konjic, è un monumento alla Guerra Fredda e al ruolo di Josip Broz Tito, il presidente della Jugoslavia, nel contesto di quegli anni. Questo bunker sotterraneo, costruito nel segreto più completo, era progettato come rifugio in caso di un conflitto nucleare, ma durante la guerra ha avuto la possibilità di essere messo in uso come magazzino per le risorse mediche, militari ed alimentari che avrebbero dato sostegno alla cittadinanza in quel periodo di estrema crisi. Oggi è un museo che offre un’opportunità unica di esplorare il passato e comprendere i tempi tumultuosi in cui è stato creato.

Mentre la storia del paese rimane un elemento centrale, la Bosnia Erzegovina offre anche esperienze di bellezza naturale mozzafiato. Il fiume Neretva, noto per essere il più freddo dell’intera Nazione, offre un’opportunità unica per gli amanti dell’avventura. Qui, il rafting lungo le acque cristalline e impetuose del fiume è diventato un’attrazione popolare. Attraverso gole spettacolari e paesaggi naturali incontaminati, questa esperienza di rafting ti permette di immergerti nella bellezza selvaggia del paese, creando ricordi indimenticabili ed esperienze uniche utili per ricordare come la vita prosegua nonostante le incertezze ed i tumulti di un paese che porta il peso di un passato doloroso, ricordando che vi è spazio per la scoperta, la bellezza naturale e l’esperienza di un futuro di unità e speranza. La Bosnia ed Erzegovina è un luogo di contraddizioni, ma è anche un luogo di sorprese e possibilità.


Questo viaggio ci ha fatto visitare diverse città come Mostar, Sarajevo, Srebrenica. Abbiamo visto i luoghi che portano il segno del conflitto. Abbiamo ascoltato tante storie, le ferite e le cicatrici di un conflitto fra fratelli. Cosa ti ha colpito maggiormente di quanto hai visto?

Sicuramente il museo dei bambini in guerra a Sarajevo. Entrate dentro la struttura e poter osservare da vicino quei tesori, ciò che davvero ha mantenuto vivo il ricordo, bello o brutto che fosse, di quanto accaduto, per non dimenticare mai che la vera guerra non colpisce i forti, ma coloro che non lo sono, e  che saranno costretti per il resto della vita a convivere con ciò che hanno vissuto: vivere in maniera ravvicinata la morte. Il dolore e le emozioni racchiuse in quel museo erano così forti da essere palpabili con mano. La sensazione di ingiustizia per il futuro rubato a così tante persone rendeva il semplice atto di “attraversare il museo” un vero e proprio viaggio nei ricordi. Ricordi donati così generosamente da coloro per i quali, quegli oggetti così apparentemente miseri, hanno un vero valore; tutto ciò nella speranza di imprimere un’impronta anche nei cuori dei visitatori, così da renderli preziosi persino agli occhi di sconosciuti.

Prima di partire i ragazzi si sono informati, hanno studiato la storia recente, hanno cercato di farsi un’idea di cosa sia successo. Un conto è studiare un fatto, un conto è viverlo: c’è qualcosa che senti cambiato di te?

Certo è che un’esperienza di questo tipo non può far altro che lasciare un profondo solco nel cuore. Ripensando a quanto letto ed appreso in preparazione al viaggio sulla storia della Bosnia, le varie nozioni acquisite nel nostro viaggio non possono aver fatto altro che aprirci gli occhi circa la veridicità delle nostre informazioni di base. Tutti i ricordi creati durante il viaggio, come le testimonianze di chi ha avuto il coraggio di parlarci della loro vita in quel periodo, nonché quanto effettivamente siamo venuti a sapere, ci hanno reso capaci di intendere come le notizie non siano propriamente affidabili e che, se davvero si desidera conoscere la storia di un paese, l’unica possibilità è quella di scoprirla di persona. Sentire di persona quello che è accaduto da chi questa guerra l’ha vissuta sulla propria pelle non può far altro che cambiare profondamente l’opinione personale riguardo a quanto letto o “sentito dire”.

Consiglieresti quest’esperienza ad altri e, se sì, perché?

Come già detto, con la mera informazione contenuta nelle notizie quotidiane, così come con quella ottenuta tramite passaparola o siti web (specialmente se il paese preso in considerazione è fuori dall’Unione Europea, dove dunque le notizie sono molto più ridotte ed approssimative), non sarà mai possibile arrivare a un’oggettività. È dunque non solo consigliato, ma bensì necessario andare in loco per poter sviluppare un pensiero critico adeguato riguardo la situazione presa in considerazione. Nel pittoresco caso della Bosnia e Erzegovina, l’aiuto del paesaggio e della popolazione consente di dare una bella spinta propositiva nei confronti di un’idea di viaggio verso una meta così stupenda e naturale.

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